martedì 13 maggio 2014

GAMBASSI: la Pieve di Chianni

Avevo un vecchio ricordo di una chiesa romanica bellissima ma non mi ricordavo qual era.
Poi l'ho ritrovata grazie ad una pagina Facebook che seguo spesso: Pievi romaniche della Toscana e oltre.
Questa pagina mette bellissime foto di chiese sparse in tutta la Toscana e sono tutti ottimi spunti per decidere cosa visitare.

E quindi ho visto la foto, l'ho riconosciuta e via, detto-fatto, sono andata a vederla.
Volete sapere com'è stato?

Bene, la pagina facebook forniva anche un numero di telefono di riferimento. Ho chiamato e, dalla segreteria telefonica, ho appreso che era il numero del Parroco.
Dovevo assolutamente sapere se la chiesa era aperta o chiusa (non è la prima volta che faccio giri a vuoto perché trovo chiuso).

Insisto. Niente.
Ma il sito della parrocchia riporta che la domenica la Messa è alle 10.00.
Bene - mi dico - chiamerò subito prima o subito dopo… - Niente.

Cercando ancora su internet ho trovato che attiguo alla chiesa c'è l' Ostello di Sigerico, una struttura che dà ospitalità ai pellegrini della Via Francigena. Proviamo!

Mi risponde la vocina gentile di Laura che mi spiega che la chiesa è chiusa, di solito, a parte per la Messa. Ma naturalmente, essendo la comunità di Chianni molto piccola, la funzione viene celebrata in una stanzina adiacente alla chiesa e lontana dal telefono.
(Il Parroco non mi sentiva di certo quando avevo provato a chiamare!)

Allora, chiedo, come si può fare per visitare la chiesa?
Ed ecco emergere tutto lo spirito dell' OSPITALITÀ' DELLA FRANCIGENA:
Se mi dite a che ora arrivate, vi vengo ad aprire - mi sento rispondere.
Rimango di stucco, fantastica! E viene pure da fuori!
Fissiamo per le 15.00 e qualche minuto prima siamo là.

(Piccolo aggiornamento: nella stagione estiva la Pieve è aperta alle visite.
Quest'anno 2014, dal 12 giugno, i giorni di apertura sono da giovedì a domenica, dalle 16 alle 19)

Chianni è un piccolo borgo situato vicino a Gambassi, all'incrocio tra la Via Volterrana (salaiola) con la Via Francigena. L'incrocio di queste due importanti vie fece sì che la chiesa assumesse particolare importanza fino dall'XI secolo.

Arrivando da Castelfiorentino, la Chiesa di Santa Maria a Chianni ci appare già dalla strada, sulla sinistra, procedendo verso Gambassi.

Ci fermiamo nel parcheggio davanti e osserviamo.
Panorama, colline, e borghi antichi si sprecano; a pochi chilometri, sul poggio vicino, si vede Gambassi e alle nostre spalle questa magnifica Pieve.

Già da fuori si prospetta meravigliosa.


Mentre aspettiamo Laura, ci avviamo a piedi lungo la stradina che gira attorno alla chiesa. Passiamo  dietro l'ABSIDE, troviamo il piazzale sul retro e l'ingresso della canonica, nonché Ostello di Sigerico.

Se volete pernottare in questa struttura potete intanto dare un'occhiata alle foto del loro sito : http://www.ostellosigerico.eu

La struttura è bellissimarestaurata di recente in modo molto attento e filologico.

E' ancora chiuso, scatto due foto e torniamo verso il fronte.

Ed ecco arrivare un'auto. La ragazza a bordo ci saluta subito festosa: è Laura!
Ci accoglie con gentilezza e ALLEGRIA e entriamo dall'ingresso retro, quello dell'ostello.
Andiamo subito in chiesa e ci apre anche la porta principale per fare entrare più luce.

Dunque… cosa c'è da sapere su questa chiesa?
Mi sono letta due cose, un po' per sapere cosa stavo guardando e un po' per raccontarvele.

La PIEVE DI SANTA MARIA A CHIANNI sorse lungo il vecchio tratto della Via Francigena, quello che fu percorso da Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, tra il 990 e il 994.

Infatti una delle tappe del suo viaggio da Canterbury a Roma risulta proprio Santa Maria a Chianni. Lo sappiamo perché è stato ritrovato il diario del ritorno e alla tappa numero XX compare SANCTE MARIE GLAN, identificabile con la Pieve di Chianni (l'ho evidenziato in giallo nella foto).
Così vecchia? direte voi… No.
Un po' di più o un po' di meno. Vediamo perché.

STORIA
La chiesa è ricordata per la prima volta pochi anni prima dell'arrivo di Sigerico, nel 988, come SANCTI JOANNIS BAPTISTA, in una cessione di beni al vescovo di Volterra. Le intitolazioni alla Madonna o a un apostolo erano tipiche nelle pievi costruite prima del X secolo, da lì in poi si diffuse l'uso di affiancare al santo titolare della chiesa battesimale l'intitolazione a San Giovanni Battista. Quindi, anche se l'intitolazione non è la stessa, questa non esclude quella a Santa Maria.
A confermare che si tratti proprio della stessa chiesa ci aiuta la specificazione che si trovava in loco Clanni.
Inoltre alcuni storici sostengono che doveva esistere già da tempo. Ed ecco perché ho scritto che era un po' più vecchia del 990.
Vediamo invece perché ho scritto che potrebbe essere anche un po' meno vecchia (e qui c'è da ragionare un po' di più).
Dunque la sappiamo esistente nel 988 e da documenti successivi sappiamo anche che nel XI secolo (1061 per la precisione) la Pieve doveva avere già una notevole importanza, ne rammentano infatti un chiostro che indica la presenza di una vita comunitaria clericale proprio presso la chiesa.

Ma un secolo più tardi, nell'ultimo quarto del XII secolo, avviene un fatto importante: principalmente per iniziativa vescovile viene costruito il nuovo Castello di Gambassi, evento che coincide con la nascita del Comune. Per circa un secolo il nuovo castello, Castrum Nuvum, convive con quello vecchio, Castrum Vetus o Gambassino, probabilmente localizzato tra l'attuale stabilimento termale e il teatro.

Ho ridisegnato la pianta riprendendola dal testo Santa Maria a Chianni riportato in bibliografia. In GRIGIO più CHIARO sono le aggiunte e i rifacimenti cinquecenteschi.

Alla costruzione del nuovo castello, molto più grande del precedente, seguono di conseguenza una RIORGANIZZAZIONE INSEDIATIVA che trasforma i numerosi siti incastellati della zona in castellari e ville e un AUMENTO DELLA POPOLAZIONE di Gambassi, con la necessità di un nuovo e più grande edificio di culto.

La riedificazione della pieve di Santa Maria a Chianni nelle forme attuali, al posto della pieve preromanica, è databile tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo.
E allora, la chiesa del 988, quella visitata da Sigerico, insomma, quella originale, non è la stessa che vediamo oggi?
Sembrerebbe proprio così, e ci sono almeno due ipotesi.

PRIMA IPOTESI.
C'è una citazione di una pieve vecchia in un documento del 1210, e l'esistenza di un toponimo Pieve Vecchia sulla strada per Certaldo a sud di Gambassi farebbe collocare la prima pieve proprio in quel podere. Ma l' ubicazione non è affatto certa.

SECONDA IPOTESI.
L'originaria collocazione della chiesa è proprio sotto l'attuale transetto, e quindi non avrebbe niente a che fare con il toponimo sulla via certaldese.
Questa ipotesi sarebbe supportata da tracce di quattro muri di fondazione paralleli, scoperti sotto al transetto. L'impianto originario sembrerebbe quindi ugualmente a pianta basilicale.

Invece è certo che le strutture architettoniche che vediamo (la maggior parte) risalgano allo stesso periodo della costruzione del Castrum Novum; infatti rispecchiano, in molti particolari, il Duomo di Volterra. Inoltre da  altri documenti sappiamo che il Comune di Gambassi continuò ad esigere tasse per coprire le spese di strade, fonti e chiese fino al 1224. Potrebbe essere quella una data per la fine dei lavori di costruzione del nuovo edificio.
E questa è la genesi.
Vediamo poi che cosa ne è stato nel tempo, fino ad arrivare a noi così come la vediamo.
La pieve, nonostante le numerose suffragane (ben 21), non era una pieve ricca. Fino dalla fondazione rientrò nella giurisdizione temporale e spirituale del Vescovo di Volterra che ne mantenne i diritti fino al XIII secolo, a costo di soventi contrasti con i conti Cadolingi (fino al 1059) e con il Comune di San Gimignano.
Nel XIV secolo nacquero due Compagnie presso la Pieve: di Santa Croce (nata nel 1348) e di Santa Maria (riservata ai presbiteri) nata nel 1360.
Nel XV secolo abbiamo notizie dello stato dell'edificio grazie alle frequenti visite pastorali. Nel 1413 la chiesa risulta dotata di 5 altari ma con un angolo crollato.  Nel 1422 e negli anni seguenti la chiesa risultava in buone condizioni, quindi si suppone che fosse stata riparata la porzione angolare crollata. Nel 1462 sembra che il tetto non fosse in perfette condizioni tanto che nel 1501 venne ritenuto necessario l'intervento di riparazione.

La ristrutturazione fu probabilmente più profonda di quello che le testimonianze del tempo raccontano.
Il pievano di allora era un certo Antonio Zeno, molto legato alla famiglia Soderini (Francesco e Giuliano Soderini furono Vescovi di Volterra dal 1478 al 1514) ed era un personaggio artisticamente aggiornato e committente di arredi di qualità.
Al suo arrivo nel 1508 si trovò di fronte una pieve bisognosa di rastauro e manutenzione, ma il suo apporto non si limitò sicuramente a questo, anche se è difficile dire con sicurezza quali furono gli interventi sulla pieve.
Sicuramente quelli di CONSOLIDAMENTO STRUTTURALE oltre al rinnovamento degli ambienti liturgici, CORO e SAGRESTIA, come indicherebbero le iscrizioni sul bancone di quest'ultima e sul pulpito.

Il pievano che succedette allo Zeno testimonia che i lavori durarono ben 13 anni, quindi dovettero essere importanti ed è possibile ascriverli al periodo compreso tra il 1508 e il 1521.
Sull'intervento al CORO ci sono opinioni contrastanti poiché per alcuni studiosi la sostituzione dell' abside semicircolare romanica con la scarsella rettangolare è da datarsi intorno al 1550.
A tali lavori dobbiamo aggiungere anche il rifacimento dell'AREA BATTESIMALE, probabilmente tra il 1503 e il 1508, anche se non risulta dalle memorie scritte.
FINE DELLA STORIA

Ma vediamo com'è.
Dall'esterno colpisce l'imponenza della facciata in arenaria calda in filaretti regolari e bozze squadrate. E' ripartita da paraste (scarpate in basso) in tre parti verticali che mostrano fino dall'esterno la suddivisione interna in tre navate.

Le parti laterali sono scevre da decorazioni ad eccezione di una semplice cornice orizzontale, mentre la parte centrale presenta, in basso, tra le LESENE contraffortate, tre arcature cieche su semicolonne con capitelli scolpiti a foglie d'acqua. Nell'arcatura centrale, più ampia, è inserito il portale d'ingresso, architravato con mensole scolpite e LUNETTA sovrastante. I contrafforti a scarpa in corrispondenza delle lesene risalgono ad un intervento di consolidamento strutturale del 1842, quando la facciata minacciava di crollare.
Al di sopra della cornice, leggermente modanata nella parte centrale, troviamo due ordini di loggette pensili (alla maniera pisana e lucchese) comprese tra le due massicce lesene laterali.
Le gallerie sono costituite da quattro colonnette con base a plinto modanato, capitello con pulvino a cornice e  cinque archetti con soprarco.

L'ordine (la fila, il piano) più in alto è in un migliore stato di conservazione,  forse gli elementi sono stati sostituiti successivamente alla prima realizzazione. All'interno della loggetta, al centro, si apre una finestra, ad arco ribassato su mensole, che dà LUCE alla navata centrale.  Questa finestra è frutto di un intervento del 1782 che modificò l'occhio centrale, che era simile a quello della Cattedrale di Volterra. Altri interventi di restauro e consolidamento sono intuibili dalle numerose riprese di lesioni, pezzi sostituiti e dalle evidenti catene in ferro in corrispondenza delle lesene laterali. La facciata si conclude con una semplice cornice orizzontale.

E ora vediamo l'interno.


Nonostante la finestra in facciata, e altre nel cleristorio, nel presbiterio e sui fianchi (alcune però occluse dall'edificazione di corpi aggiunti), la chiesa è comunque molto, ma molto, buiaContribuiscono all'atmosfera cupa e misteriosa il paramento murario e le colonne in arenaria calda e senza intonaco.

Noi siamo entrati con Laura dalla navata laterale destra passando dalla canonica annessa e il primo impatto è stato di buio totale. Poi Laura ha acceso le luci e aperto la porta... meglio, così almeno qualche foto è venuta.
Come si capisce dalla facciata, la chiesa ha impianto basilicale a TRE NAVATE; le possenti colonne che separano ciascuna delle navate laterali hanno basi (alcune con dado), fusto con entasi accentuata e capitelli con abaco e sorreggono sei archi a tutto sesto.

L'aspetto che vediamo è austero, povero, ma non pesante.

A colpo d'occhio la prima cosa che si nota (e se ci fosse più luce si noterebbe meglio…) è che le colonne a destra e quelle a sinistra non sono alte uguali. O meglio: i capitelli sono alla stessa altezza ma la base è diversa, quelli a sinistra, come già detto hanno, PLINTO con dado, quelle a destra no.

E subito notiamo allora un'altra particolarità: i CAPITELLI sono tutti diversi.
Ne troviamo uno a foglie poi uno a volute, poi motivi geometrici, poi faccine umane… è  veramente AFFASCINANTE.



Purtroppo anche in questo caso il buio pesto mi ha frenata nel fare le foto, accontentatevi per ora, rimedierò presto.




Nel frattempo, se ci andate cercate il CAPITELLO FIRMATO, a me è sfuggito ma voi non lo mancate.

E' il primo della navata di sinistra; in realtà ce l'ho la foto, ma siccome non avevo individuato la scritta, l'ho ripreso troppo da lontano.

E' l'ultima delle foto dei capitelli (questa qui accanto).

La scritta riporta: JOH(HANNE)S BUNDI VULUS e potrebbe indicare il nome dello scultore o di un personaggio importante per la costruzione della chiesa.


Iniziamo il percorso dalla NAVATA DI SINISTRA, andando verso l'altare.

Per PRIMA troviamo l'immagine di San Michele Arcangelo (per sapere chi era leggetevi qui : prima opera).
L'opera è in pessime condizioni e rappresenta, appunto, l'Arcangelo su una nuvola scura al di sopra delle fiamme dell'inferno. La nuvola, quasi fosse fumo, avvolge e incornicia la figura del Santo al di sopra della quale due testine alate osservano la scena. Dal basso il demonio (poco visibile e deturpato) allunga una mano, ma Michele è sereno, nel volto e nella postura.

L'opera, che faceva parte dell'altare dedicato a San Michele, è stata riferita a Cosimo Daddi, ma i suoi caratteri, lontani dallo spirito controriformato, la farebbero collocare più verosimilmente al tardo Settecento, a meno di non supporne una completa ridipintura (A.A.V.V.: Santa Maria a Chianni, una pieve lungo la via Francigena - Federighi Editori, 2003, pp. 43).

Quest'opera sostituì, presso l'altare dedicato, il dipinto della Madonna Assunta alla presenza dei santi Antonio abate, Macario e Michele Arcangelo che vi si trovava precedentemente, definita degradata nel 1796, in occasione della Visita Pastorale. Tale pittura è testimoniata fino dai primi del Seicento, inserita nella cornice con gli stemmi dei Pinucci (la stessa che ora ospita il San Michele Arcangelo).

La foto del San Michele non la metto perché non è venuta bene (e anche le altre non sono un granché...), ma tornerò a rifarla.

A proposito degli altari, già nel Quattrocento la pieve era dotata di 5 ALTARI oltre l'Altare Maggiore, dedicati a San Giovanni Battista, alla Santissima Annunciazione, al Santissimo Crocifisso, a San Biagio (poi sostituito con San Michele Arcangelo) e ai Santi Bartolomeo e Iacopo.

I primi quattro erano ospitati all'interno delle absidiole semicircolari nel transetto, e furono demoliti nel 1910. Non ci sono documentazione sull'aspetto ma la cosa più probabile è che fossero semplici altari in laterizio. L'altro era a sinistra dell'ingresso, nella prima campata, dal lato opposto cioè dell'area battesimale, l'ultima descrizione che abbiamo lo ricorda come una costruzione di foggia barocca in laterizio e stucchi e fu demolito alla fine dell'Ottocento.

L'altare di San Biagio fu sostituito prima del 1576 con quello di San Michele Arcangelo, detto dell'Arsiccio, poiché la chiesa omonima era ormai in stato fatiscente, e vi fu traslata la pittura dell'edificio primitivo. Era questo il suddetto dipinto della Madonna Assunta alla presenza dei santi Antonio abate, Macario e Michele Arcangelo.

Per concludere il discorso sugli ALTARI originari: quello del Santissimo Crocifisso era patronato dell'omonima Compagnia di Gambassi e recava una tavola dipinta con la Passione di Cristo (scomparsa); l'altare della Santissima Annunciazione era invece patronato della Compagnia della Beata Vergine Maria, sempre di Gambassi, e ospitava un'immagine mariana sostituita poi nel 1623; l'altare dei santi Bartolomeo e Iacopo aveva una tavola con la Madonna in trono tra i Santi Bartolomeo e Iacopo, già malridotta nei primi decenni del Seicento.

Comunque sembra che a cavallo tra il XVI e il XVII secolo fossero stati apportati significativi mutamenti agli arredi della chiesa, proprio per aderire alle nuove istanze della Controriforma. I nuovi altari lapidei, probabilmente di tipologia vasariana, ospitavano le opere precedenti, alcune delle quali però già malridotte.


La SECONDA opera che incontriamo proseguendo lungo la navata è il Cristo risorto (Christi Salvatoris resurgentis), sempre del Daddi.
Questa tela faceva parte dell'altare dedicato a San Giuliano (di nuova costruzione intorno al 1618). La tela provocò poi il cambio di dedicazione dell'altare alla Resurrezione di Cristo.
Questa immagine è una delle poche tele superstiti, compresa la cornice originale.

Al centro appare il Cristo, al di sopra del sepolcro, sta salendo al cielo, regge in mano l'asta col vessillo che ondeggia al vento (unico movimento nella scena immobile). Al di sotto i soldati, plastici e colorati, sono addormentati o spaventati e, pure nel movimento, appaiono bloccati e mostrano una mimica facciale piuttosto accentuata.

Lì accanto una porticina, in cui non so se si può entrare, conduceva all' Oratorio di San Giuseppe, consacrato alla Compagnia del Carmine. Fu realizzato nel 1676 per volere dell'arciprete Tommaso di Leonardo Pinucci (nipote di Bartolomeo di Domenico Pinucci, altro arciprete di Chianni - quello dello stemma sulla cornice del San Michele). Fu decorato riccamente e munito di un grande altare con una tela e lo stemma (ancora!!!) dei Pinucci.
La tela dell'altare la vediamo ora appesa sulla parete dell'altra navata (poi ci si passa!)


Mentre qui accanto, sulla destra della porticina vediamo la TERZA opera.
E' la pala che rappresenta i Santi Alberto, Simone Stock, Carlo Borromeo e Filippo Neri in adorazione. Anche questa non è in buone condizioni ed è del Daddi.
Le figure e l'impostazione sono aderenti allo spirito controriformista, miscelando il devozionalimo con il realismo delle figure (specialmente San Carlo e San Filippo in primo piano).
Al centro del dipinto si conservava in origine una piccola tela raffigurante Maria Santissima col Bambin Gesù, detta del Carmine. Questa, scomparsa nell'Ottocento, è stata sostituita  da un'altra piccola tela con Allegoria dell'Immacolata Concezione, di altro autore seicentesco.

Nel nostro percorso non abbiamo dimenticato di osservare le colonne con gli strabilianti capitelli e a questo punto ci troviamo a lato dell'ultimo pilastro, prima del transetto.
Se guardiamo bene, i sostegni verso l'area presbiteriale non sono le colonne con entasi che abbiamo trovato fino ad ora ma sono robusti pilastri a sezione circolare. Questi, oltre ad essere i pilastri di testata delle arcate che suddividono le navate, sorreggono anche il grande arcone trasversale e i due archi laterali che separano il transetto dalle navate.
Infatti, caratteristica curiosa e non tanto diffusa, è il transetto soprelevato, sporgente lateralmente e soprattutto CONTINUO.
Le due foto precedenti sono state fatte dallo stesso punto di vista, nella navata di destra. Si intravedono anche le absidiole semicircolari (le nicchie) che ospitavano gli altari quattrocenteschi.
Ma non corriamo troppo.

Abbiamo appena superato il PULPITO LIGNEO.
Vi fu collocato nel 1520, probabilmente insieme agli altri arredi che appaiono della medesima manifattura (bancone della sagrestia). L'intervento mutilò gli affreschi sui pilastri, anche se qualcosa è rimasto visibile.

Da una descrizione dei primi del Novecento risulterebbe che i pilastri di testata erano dipinti in coppia con l'Annunciazione. Sembra che l'Angelo fosse rappresentato sul pilastro di sinistra, mentre la Vergine su quello di destra. Ma ad un esame attento questa ipotesi viene esclusa riconoscendo nella rappresentazione invece due figure femminili, due sante i cui attributi sono però andati persi.
Lo stile formale li farebbe attribuire allo stesso autore e datare al tardo Trecento. Questi frammenti hanno fatto supporre che la chiesa fosse in origine arricchita con cicli pittorici, se non sulle pareti, sulle colonne.


Saliti i due gradini, ci troviamo ora nel transetto sinistro.
Qui possiamo vedere il ciborio commissionato nel 1634 dal solito arciprete Pinucci e restaurato nel 1972. Dai documenti risulta che il lavoro fu pagato ad un certo Fausto della Tuccia da Volterra, legnaiolo e doratore. Egli realizzò insieme anche due angeli cerofori trafugati purtroppo negli anni ottanta del Novecento.
Nel complesso, la composizione si avvicinava molto all'arredo vasariano della Chiesa di Santa Croce a Firenze.

Ed eccoci poi all'Altare Maggiore nell' ABSIDE RETTANGOLARE.
L'altare si trova sulla parte sopraelevata centrale del transetto ed era, fino al secolo scorso, costituito da una lastra di travertino sorretta da sette colonnette lavorate in modo diverso l'una dall'altra, a lo volta, appoggiate su uno zoccolo (esistono ancora vecchie foto). Credendolo non originale, fu tolto e sostituito con uno a base piena. Quello che vediamo ora è una riproduzione e l'originale si trova nell'interrato ricavato sotto la soprelevazione del transetto.

Infatti nei disegni di fine Ottocento il transetto era sopraelevato di sei scalini che inglobavano la base dei pilastri di testata. Poi a metà transetto c'era un settimo gradino che correva longitudinalmente per tutta la lunghezza; si raggiungeva quindi molto prima l'attuale livello del coro all'interno dell'abside.
Negli anni Sessanta, in seguito a segnalazioni di dissesti in corso, furono eseguiti dei restauri (oltre a quelli già eseguiti negli anni Cinquanta).
L'intervento fu massiccio soprattutto sulle fondazioni, in quell'occasione si indagarono gli strati archeologici e fu trovata l'originaria abside semicircolare romanica sottostante a quella a scarsella.
Per mantenere visibili le antiche testimonianze furono organizzate diversamente le quote dell'area del transetto e realizzata la cripta con accesso dalla sagrestia.
Come si vede dalla foto, l'abside rettangolare è coperta con una volta a botte decorata con elementi fittili che formano un decoro a fiori inseriti in un motivo geometrico. La volta poggia su un architrave, sempre in terracotta, con cornici a mensola e sottostante fregio con cherubini ad altorilievo.

L'arcone che separa la scarsella dal transetto è invece in conci di arenaria, poggia sul capitello che riproduce le stesse decorazioni dell'architrave, ma in pietra, ad eccezione del fregio a cherubini in terracotta.

Il CORO, dietro l'organo, è ulteriormente rialzato con altri tre gradini, sul lato destro troviamo la porticina che conduce in sagrestia.

Come dicevo all'inizio, questa non è coeva con la costruzione della chiesa ma è stata aggiunta dopo, all'incirca nel primo decennio del Cinquecento, nell'intervento che interessò il coro e l'area battesimale.

Elemento in comune tra sagrestia e coro è l'uso della TERRACOTTA.

In sagrestia troviamo un lavabo su eleganti pilastrini decorati a grottesche con trabeazione con fregio a palmette aperte. Queste opere sono attribuite dalla tradizione locale ad un artista gambassino, certo Guagni o Gagni, ma non è certo se sia anche progettista o solo esecutore di un progetto, magari del Sansovino o di altro artista di ambito fiorentino. Alla bottega del Guagni è comunemente attribuito anche il rivestimento a formelle della volta del coro.
Una parete è invece occupata da un bancone ligneo che presenta formelle e pilastrini decorati a intarsio geometrico e reca l'iscrizione con il nome del committente e la data (pievano Antonio Zeno, vescovo Giuliano Soderini, 1513).

Il tetto della sagrestia era più elevato rispetto all'attuale di circa un metro, fu abbassato con i restauri degli anni Cinquanta (si vede nella foto esterna il taglio della cornice), quando fu sostituito il campanile a vela in laterizio di forma barocca sulla cuspide a sud del transetto. Ne fu realizzato uno in cemento armato, molto brutto. Brutto vero?

paramenti murari esterni e interni di tutta l'area presbiteriale hanno subito diversi interventi e le ricuciture, i disallineamenti, le incongruenze che si notano sono frutto delle ricostruzioni e dei restauri di quegli anni e di quelli degli anni Sessanta.
La finestra ad arco dell'ABSIDE fu riaperta alla fine dell'Ottocento in sostituzione delle due finestre quadrate, o dell'unica finestra rettangolare o ad oculo che vi erano state realizzate (le fonti sono diverse).

Bene, ora siamo nel transetto destro (forse da questa foto si capisce meglio cosa intendo per transetto continuo).

Qui si trovano due opere: una Madonna con Bambino del XVIII secolo (forse) e la Madonna col Bambino adorata dai Santi Lorenzo, Rocco, Sebastiano, Onofrio, Maria Maddalena e Giovanni Battista.

Quest'ultima è di Francesco Curradi ed è la copia della nota Pala di Gambassi di Andrea del Sarto (che si trova nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze). Inizialmente la copia era stata attribuita all'Empoli poi, associandola alle tecniche adottate dal Passignano è stata correttamente attribuita al Curradi.
Come si vede l'opera rappresenta una Sacra Conversazione e segue la tradizione fiorentina dello schema piramidale.
La Madonna seduta su un trono invisibile sorregge il Bambino benedicente in piedi sulle ginocchia; sotto si vedono due testine di angeli e attorno i Santi. La tavola direi che è affollata, vi si trovano in primo piano Giovanni Battista vestito di pelli che guarda verso di noi e Maria Maddalena che tiene l'attributo dell'unguentario; subito dietro in posizione simmetrica ci sono Sant'Onofrio rappresentato nudo col perizoma di foglie e San Sebastiano riconoscibile dalle frecce che tiene in mano; poi ancora più su San Lorenzo e San Rocco, ma ci dobbiamo fidare perché sono scuri e si riconoscono male (di San Rocco si intravede il profilo del bastone).

Ora possiamo procedere nella navata di destra (guardandola dall'ingresso).


Percorrendola, appena passato il confessionale, troviamo un'opera che rappresenta i Santi Antonio da Padova, Domenico, Tommaso d'Aquino e Francesco d'Assisi ed è attribuita a Giuseppe Arrighi. Questa è la tela che ornava l'altare dell' Oratorio di San Giuseppe che vi dicevo prima.
Le immagini sono piuttosto rigide nelle posture, ancora forse legati alla produzione tardocinquecentesca nonostante quella moltitudine di dinamici angeli svolazzanti. Al centro si trova una tela di altro autore, è la Sacra Famiglia in adorazione della Trinità, la presenza di San Giuseppe è legata proprio alla dedicazione dell'oratorio.

Ed eccoci alla fine della navata.
Di fronte a noi, addossata alla controfacciata, troviamo l'area battesimale.
Quello che vediamo, come già accennato, è il rifacimento del XVI secolo e non sappiamo se il fonte in origine avesse la stessa collocazione. Sicuramente il rialzamento della zona è di questo periodo al quale si può ascrivere anche il restauro del FONTE stesso: una tazza in granito decorato a baccellature.
(Ah, il pavimento del battistero è l'unico originale più antico perché tutto quello su cui camminiamo è stato realizzato nei restauri degli anni Cinquanta-sessanta).

La presenza di un FONTE BATTESIMALE è testimoniato per la prima volta nel 1465 (documenti della Visita Pastorale) e infatti il manufatto ha caratteristiche congruenti con il periodo (visti altri esemplari analoghi della metà del '400) ma ciò non vale per il supporto a NODO che potrebbe far parte del rifacimento cinquecentesco.

Il piccolo vano era in origine interamente affrescato con un Battesimo di Cristo a grandezza naturale ma di non alto valore (così fu ritenuto alla fine dell'Ottocento) per cui, per motivi non noti, venne scialbato e sostituito con l'immagine che vediamo ora.

E' invece originaria la LUNETTA di controfacciata in cui si vedono Dio Padre benedicente adorato da una coppia di angeli. Le tre figure sembrano in piedi su una nuvola contro il cielo blu e possono essere assimilate al modo fiorentino di fare pittura della metà del '400 della bottega del Ghirlandaio o del Pollaiolo. L'attribuzione più probabile è infatti Raffaellino del Garbo, ma leggermente più tarda: primo decennio del Cinquecento (secondo alcuni confronti con altre opere). Proprio in quegli anni (1508) Raffaellino dipingeva una Madonna con Bambino e Santi nella chiesa di San Vivaldo, presso Montaione, a una decina di chilometri da Chianni.

Sulla sommità dell'arco che ospita la lunetta troviamo lo stemma cardinalizio della famiglia Soderini. Anche questo serve per datare l'intervento dopo il 1503, anno in cui Francesco Soderini divenne Cardinale.
Oltre a questo stemma, nel battistero se ne vede anche un altro (purtroppo dalla foto invece non è visibile): sulla parete laterale del battistero (proprio dietro alla colonna della foto) si trova un tabernacolino in pietra serena che reca in basso uno stemma con un leone e una palmetta.
La cosa è curiosa perché non è accertato con sicurezza di chi fosse lo stemma posto, negli stessi anni, nella stessa area ristrutturata dal Cardinal Soderini. L'ipotesi più accreditata è quella del pievano che concluse i lavori dopo che il cardinale rinunciò alla diocesi di Volterra (1509).

Bene la visita si è conclusa ed è stata interessantissima, sicuramente VALE LA PENA.
Dovrò tornare, se non per altro, per fare delle foto decenti!


In ogni caso, per essere sicuri di trovare aperto telefonate a Laura, il numero lo trovate sul sito dell' Ostello di Sigerico. Se siamo in stagione e ci sono pellegrini troverete anche un servizio di ristorazione, semplice e molto affascinante.
Se poi volete rimanere a dormire le camere sono essenziali (nello spirito pellegrino) ma BELLISSIME, con bagno privato. Ce le ha fatte vedere Laura prima di andare via, ci siamo trattenuti un po' a chiacchierare… posto stupendo e persone fantastiche. Che volete di più?





Biblio:
A.A.V.V.: Chiese medievali della Valdelsa. I territori della via Francigena. Tra Firenze, Lucca e Volterra - Editori dell'Acero, 1995
Antonella Duccini: Monasteri, pievi e parrocchie nel territorio di Gambassi (secoli X-XIII) - Castelfiorentino, Società Storica della Valdelsa, 2001
Antonella Duccini: Il castello di Gambassi. Territorio, società, istituzioni (secoli X-XIII) -Castelfiorentino, Società Storica della Valdelsa, 1998
A.A.V.V.: Santa Maria a Chianni, una pieve lungo la via Francigena - Federighi Editori, 2003


3 commenti:

  1. Voglio esprimerle tutti i miei complimenti per la sua bella nota sulla nostra pieve: sono un gambassino! Sono anche un cultore di storia gambassina e raramente ho trovato una "guida" così puntuale su uno dei nostri monumenti valdelsani più rinomati. Mi complimento inoltre per l'attenta lettura delle fonti bibliografiche citate (che io conosco bene). Di nuovo complimenti!

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    1. La ringrazio moltissimo per i complimenti. Sarei felice se il mio post servisse veramente da guida per portare visitatori alla sua città che, come tanti altri piccoli tesori, veramente lo merita.
      Un saluto.

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    2. Ho notato che, dopo averlo condiviso su alcune pagine o gruppi Facebook che curo o seguo, il suo post ha riscontrato subito notevole interesse, con diversi "mi piace" e ulteriori condivisioni.
      La saluto cordialmente.

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